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Prefazione al Messaggio ritrovato – L. del Vasto, 1946

« Cattiaux, amico mio, hai trovato l’oro vivo e l’elisir? »

La congiura degli stolti, dei ciarlatani e dei saggi è riuscita perfettamente.

Questa congiura si era proposta di nascondere la verità. Tanto gli uni quanto gli altri hanno servito questa grande causa, ognuno secondo le proprie possibilità: gli stolti per mezzo dell’ignoranza, i ciarlatani per mezzo della menzogna, i saggi per mezzo del segreto.

Gli stolti non vogliono che si scopra la verità. Sospettano, per istinto, che li disturberebbe. Se la si mostrasse loro, non vorrebbero guardarla; se la si desse loro in mano, la lascerebbero cadere; se la si mettesse loro in faccia, urlerebbero d’orrore e fuggirebbero a nascondersi sottoterra.

I ciarlatani non vogliono che si scopra la verità, perché rovinerebbe i loro artifici, impedirebbe il loro profitto, evidenzierebbe le loro vergogne.

I saggi che possiedono la verità non vogliono che si scopra. L’hanno sempre nascosta per quattro ragioni.

La prima è perché sanno che sapere è potere e vogliono tenerlo lontano dagli indegni, poiché il sapere in mano dell’indegno diventa malizia e il potere pericolo pubblico e flagello. Per queste ragioni le riserve di conoscenza accumulate durante i millenni nei templi d’Egitto rimanevano inaccessibili a colui che non era passato attraverso tutti i gradi di purificazione e di prove.

Più tardi, filosofi sconosciuti, nobili viaggiatori, alchimisti si sono trasmessi ciò che rimaneva della misteriosa eredità nello stesso modo, ossia da bocca a orecchio, o meglio, per mezzo della presenza e dell’esempio, con simboli ed enigmi e sempre sotto il sigillo del segreto. Essendo vissuti nell’intimità delle straordinarie forze della natura, sono stati molto attenti a non farlo sapere agli sciocchi.

Dove siete, o Saggi, voi che sapevate tacere? Meritate che tutti i viventi vi proclamino la loro gratitudine, o Saggi.

O Saggi che sapevate tacere, abbiamo imparato adesso quanto valga la vostra prudenza, la grandezza della vostra umiltà, quanto sia profonda la vostra carità.

Ora che i profani si sono messi ad acquistare un po’ di scienza e a distribuirla il più possibile, ora che si inorgogliscono delle loro scoperte con lo stesso zelo con cui voi avete nascosto le vostre, abbiamo chiaramente visto ciò che ne è risultato.

È tuttavia ben piccola la loro scienza, esteriore, superficiale, precaria e limitata, e vediamo già cosa ne è risultato.

Ne è risultato che hanno avvelenato le sorgenti, corroso la terra, inquinato il cielo, scombussolato e pervertito i popoli, sciupato la pace, disonorato la guerra, dato agli uomini del volgo tanti strumenti di distruzione e di oppressione da minacciarne tutta la famiglia dei vivi, mentre continua il diffondersi di questa cancrena.

Il secondo motivo dei saggi per tener nascosta la verità è che conoscere è un’opera di vita e un modo di nascere. E nulla può nascere senza un involucro. In un involucro di carne o di scorza, di terra o di mistero. Un seme, se lo aprite, non germoglierà più; una lucertola, se l’aprite per vedere cosa vi è di dentro, non contiene che i resti del cadavere e non l’interno della lucertola, e non l’interno che ne è uscito, dato che la lucertola è morta.

Così la scienza aperta, propagata, volgarizzata è scienza morta e frutto di morte. È un deserto di sabbia e non una manciata di semi. Non può essere approfondita, ma soltanto sparsa, rimanendo esterna, e la vita le sfugge. Non può condurre alla coscienza che è nascita a sé stessi, né alla vita interiore. Ma la conoscenza dei saggi è un gaio sapere che ha sapore di gioia e soffio di spirito. E come qualsiasi essere vivente, non fosse altro che una mosca, protegge la sua forma e rifiuta di sciogliersi.

La terza ragione dei saggi per nascondere la verità è l’aver riguardo per la dignità della conoscenza. Essi sanno che essa è la via regale che conduce al Dio di verità. Deve condurre alla contemplazione, all’ammirazione della natura, all’adorazione del creatore.

Deve apportare luce alle anime, chiare visioni ai pensieri, giustizia agli atti.

Deve apportare la salute e la salvezza. I saggi l’hanno protetta il più possibile contro il volgo, temendo che essa fosse sviata dal suo scopo, snaturata e avvilita, cosa che non hanno smesso di fare gli uomini volgari appena se ne sono impadroniti. L’hanno scompigliata, utilizzandola, servendosene invece di servirla.

Era lì per liberarli dai loro desideri e l’hanno assoggettata alle loro necessità, l’hanno costretta ad accrescere i loro beni. Era lì per dare loro la coscienza e ne hanno tratto la macchina. Hanno preso il ciborio per farsene un salvadanaio, hanno preso il crocefisso per farsene una mazza. Hanno aggiogato la scienza ai loro motori, l’hanno imprigionata nelle loro bombe.

Ma essi, troppo furbi, si sono impigliati nelle loro stesse trappole, si sono lasciati acciuffare dall’ingranaggio della macchina. Ora essa li assottiglia pian piano in tempo di pace e li divora a gran bocconi in tempo di guerra. I saggi hanno fatto tutto il possibile per evitarlo.

Il quarto motivo dei saggi per tener nascosta la verità è che essi amano la verità e che non vi è amore senza pudore, ossia senza velo di bellezza. Perciò non vogliono scoprirla, ma rivelarla, ossia coprirla di un velo luminoso. Perciò non hanno insegnato che per mezzo di parabole, affinché coloro che hanno orecchie per non intendere, rimangano a distanza, ma anche perché coloro che la meritano, imparino i toni e le chiavi della musica totale, poiché le loro allegorie, le loro favole, i loro blasoni non spiegano l’incantesimo meccanico delle apparenze, ma piuttosto le affinità segrete e le analogie delle potenze e della virtù, le corrispondenze del numero con il suono, delle figure con le leggi, dell’acqua con la pianta, con la donna, con l’anima, del fuoco con il leone e l’uomo armato, con lo spirito, degli astri con gli occhi, con i fiori, con i cristalli dei metalli e delle gemme, della germinazione dell’oro nelle miniere, con quella della verità nel cuore dell’uomo. Nei loro testi oscuri, nei quali le ricette dell’Arte Grande sono frammezzate a pie avvertenze, sentenze solenni dalle grida di meraviglia e di preghiera, brillano i fili dei quali è tessuto il mantello del re dei re.

Avendo i saggi nascosto la loro scienza per scrupolo, i ciarlatani ne hanno approfittato per nascondere la loro ignoranza sotto gli stessi segni misteriosi. Gli stolti li hanno confusi sovente, credendo tanto agli uni, quanto agli altri.

Ma adesso è sorta, a metà strada fra i ciarlatani e gli stolti, una nuova specie che assicura il trionfo definitivo della congiura.

La nuova specie è quella degli universitari e degli scienziati ufficiali. Questi, il giorno della loro venuta, hanno dichiarato nullo e non avvenuto il mistero filosofale. Chimera la ricerca degli antichi maestri, gioco infantile la loro scienza, e astuzia grossolana la loro arte. Gli stolti, educati dai nuovi sapienti, hanno di nuovo confuso i saggi con i ciarlatani, ma questa volta per non credere né agli uni, né agli altri.

Non credono più che alla scienza dei nuovi arrivati, i quali insegnano semplicemente che la verità è nella loro scienza e che tutto ciò che essi non possono né scoprire né dimostrare non esiste.

Ordunque, questi ultimi non hanno insegnato niente, né scoperto niente, né dimostrato niente a proposito della vita e della morte, del peccato e del giudizio, a proposito dell’amore, del dolore e della redenzione, a proposito della condotta dell’uomo e del destino dell’anima, in quanto al senso, l’essenza e la salvezza. Man mano che scoprono nuove nebulose o nuovi elettroni, nuove vitamine o nuovi esplosivi, si allontanano e ci sviano dall’essenziale. E ora la verità è così ben nascosta che non la si cerca più.

Sarebbe addirittura completamente perduta, se non sopravvivesse qualche essere, semplice di spirito, per il quale la verità esiste ancora.

Non possono rassegnarsi a credere che nessuno ce l’abbia, o l’abbia avuta. Essi vanno per il mondo interrogando le persone, interrogando gli astri e le erbe, interrogando il gran libro della natura, sfogliando i libri dimenticati, interrogando il loro cuore e Dio nella preghiera. Essi sanno che non possiedono la verità, ma sanno che esiste. Hanno tanta fame e sete di essa che sanno seguire la sua traccia e riconoscerla dall’odore. Davanti a un uomo diffamato, davanti a un evento assurdo, davanti a uno scritto illeggibile, si fermano e gridano:

Eccola là!

Essi gusteranno questo libro. Per loro è stato scritto, benché la loro confraternita sia poco numerosa.

E tu, Cattiaux amico mio, hai trovato la Pietra?

Seduto nella tua bottega ove dipingi e mediti fra i filtri e le fiale, hai trovato il carbonchio e la violetta?

Seduto fra la tua donna e il tuo gatto, Cattiaux amico mio, hai trovato l’oro vivo e l’elisir?

Hai visitato le parti interne della terra e, rettificando, hai trovato l’occulto gioiello e la vera medicina?

Non so e non posso dire se la sostanza degli antichi testi si nasconda in queste pagine. Ma come mai accade che in esse se ne ritrovi il profumo?

In quale uovo e in quale alambicco, Cattiaux amico mio, hai distillato questa sottile essenza chiamata il Profumo?

Da dove viene questa poesia che si chiama Profumo di verità?

 

LANZA DEL VASTO

Novembre 1945

préface Lanza del Vasto